Perché si parla di Emergenza climatica? Tutti noi, in questi giorni, abbiamo sentito più volte raccontare da giornali e televisione che l’estate 2022 sarà caratterizzata da una vera e propria emergenza climatica. Ed è evidente a tutti come le temperature di questo giugno siano state assolutamente anomale per il periodo, non solo per l’intensità ma anche per il protrarsi delle stesse.
E quindi, dopo la pandemia e le conseguenze della guerra in Ucraina, ci troviamo ora ad affrontare anche l’emergenza clima. In questo contesto così drammatico, tra le tante domande che ci possono venire in mente sul perché sta accadendo tutto questo, ce n’è una che assume una valenza particolarmente importante: ma io che ruolo posso avere per cercare di limitare l’onda che ci sta travolgendo? Posso, con le mie azioni, fare qualcosa di concreto che possa invertire la “spirale” entro la quale siamo caduti?
La risposta è la seguente: certamente sì.
Due sono le colonne che possono dar forza a questa nostra nuova “casa del cambiamento” : la prima di queste è costituita dall’impegno e dalla volontà di effettuare acquisti che provengano da un percorso di produzione sostenibile ed incentrato sul rispetto verso l’ambiente e verso gli animali. Se stai leggendo queste righe, probabilmente hai già preso questa decisione e la tua quotidianità è caratterizzata da acquisti di prodotti per la tua persona, che sono basati su tale consapevolezza. La Gatta Diva è nata per dare, nel suo piccolo, forza a questa decisione e per aiutarti a fare acquisti in linea con i principi di etica e di attenzione all’ambiente.
La seconda colonna, per certi versi più difficile da edificare e anche in qualche modo da “individuare”, è costituita dalle nostre abitudini alimentari: il cibo che mangiamo, secondo due studi completi pubblicati nel 2021, è infatti responsabile di un incredibile terzo delle emissioni globali di gas serra causate dalle attività umane.
Le nuove tecniche di ricerca e di analisi dei dati abbinate ad un nuovo studio specifico intrapreso da un gruppo della Commissione europea, hanno portato alla luce un dato tanto sconvolgente quanto inconfutabile: tutti i passaggi che portano il cibo dalla fattoria ai nostri piatti fino alla discarica – trasporto, lavorazione, cottura e rifiuti alimentari – portano le emissioni legate agli alimenti dal 20% al 33%.
“Per rallentare il cambiamento climatico, i cibi che mangiamo meritano grande attenzione, proprio come la combustione di combustibili fossili”, afferma Amos Tai, scienziato ambientale presso l’Università cinese di Hong Kong. Il quadro più completo delle emissioni legate al cibo dimostra che il mondo ha bisogno di apportare cambiamenti drastici al sistema alimentare se vogliamo raggiungere gli obiettivi internazionali per ridurre il riscaldamento globale.
Purtroppo anche le emissioni nei paesi storicamente meno sviluppati sono aumentate negli ultimi 30 anni, poiché questi paesi hanno ridotto le aree selvatiche per far posto all’agricoltura industriale e hanno iniziato a mangiare più carne.
Dai dati raccolti è emerso che negli ultimi anni sei paesi sono stati responsabili di oltre la metà delle emissioni alimentari globali totali. Questi paesi, nell’ordine, sono Cina, Brasile, Stati Uniti, India, Indonesia e Unione Europea. Le immense popolazioni di Cina e India contribuiscono a far crescere il loro numero elevato. Il Brasile e l’Indonesia sono nella lista perché ampie zone delle loro foreste pluviali sono state abbattute per fare spazio all’agricoltura destinata in grandissima parte ad alimenti per animali mentre gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono nella lista a causa del forte consumo di carne.
La produzione animale utilizza più terra rispetto alla produzione vegetale e “la produzione di carne è fortemente inefficiente”, afferma Tai. Se mangiamo 100 calorie di cereali, come mais o semi di soia, otteniamo quelle 100 calorie”, spiega. Tutta l’energia del cibo viene consegnata direttamente alla persona che lo mangia. Ma se le 100 calorie di grano vengono invece date in pasto a una mucca o a un maiale, quando l’animale viene ucciso e trasformato per il cibo, solo un decimo dell’energia di quelle 100 calorie di grano va alla persona che mangia l’animale”.
“La produzione della dieta del residente medio negli Stati Uniti genera oltre 2.000 chilogrammi di emissioni di gas serra all’anno“, hanno riferito i ricercatori del Global Environmental Change nel 2020. Il gruppo ha misurato le emissioni in termini di “equivalenti di CO 2“, un’unità standardizzata che consente confronti diretti tra CO 2 e altri gas serra come il metano. Eliminare la carne un giorno alla settimana riduce quella cifra a circa 1.600 chilogrammi di CO 2 equivalenti all’anno, a persona. Diventare vegano – una dieta senza carne, latticini o altri prodotti animali – la riduce dell’87%, cioè a meno di 300 chilogrammi di emissioni di gas serra all’anno. Diventare vegano anche solo in parte, genera un calo considerevole di CO 2 equivalenti a 740 chilogrammi.
La tabella qui sopra ripresa dal sito SienceDirect che raccoglie alcuni dei più illustri articoli scientifici pubblicati da scienziati di tutto il mondo (cliccate sull’immagine per andare all’articolo), si interpreta così: Le diete sono definite come: tipica è la dieta media degli Stati Uniti; un giorno senza carne si riferisce al non mangiare carne un giorno alla settimana; carne rossa bassa si riferisce a non consumare più di 450 grammi di carne rossa cotta a settimana; no latticini si riferisce alla rinuncia al latte o altri prodotti lattiero-caseari; lacto/ovo vegetariano si riferisce al non mangiare carne, ma mangiare latticini e uova; pescatarian si riferisce al consumo di pesce, ma non di altra carne; nessuna carne rossa si riferisce al non mangiare carne di manzo, maiale, pecora o capra; 2/3 vegan si riferisce al consumo vegano di due pasti su tre al giorno; catena alimentare bassa significa mangiare cibi di origine vegetale e consumare insetti e molluschi che non disturbino i paesaggi ecologici e vegan si riferisce al non mangiare prodotti animali.
Ad esempio, il World Resources Institute, fa parte di un’iniziativa chiamata Cool Food Pledge, in cui aziende, università e amministrazioni cittadine hanno aderito per ridurre l’impatto climatico del cibo che servono.
I paesi sviluppati come gli Stati Uniti (e mi viene da dire anche l’Italia), che da decenni consumano carne in modo pesante, possono avere un grande impatto cambiando le scelte alimentari. Un articolo pubblicato su Nature Food a gennaio mostra che se le popolazioni di 54 nazioni ad alto reddito passassero a una dieta incentrata sui vegetali, le emissioni annuali della produzione agricola di questi paesi potrebbero diminuire di oltre il 60% .
Quindi la scelta dello stile di vita che ognuno di noi compie ogni giorno incide in modo determinante sul futuro del pianeta che ci ospita, rendendoci i veri protagonisti nella decisione di difendere e proteggere o meno la nostra amata Terra.
La Gatta Diva ha abbracciato completamente questo cammino e con amore, passione e impegno vi propone prodotti nati dalla consapevolezza che la nostra impronta sulla Terra deve essere la più leggera possibile, in armonia con tutti gli animali e Madre Natura.